Marco Tarchi racconta la Destra. Il conflitto tra Giorgio Almirante e Arturo Michelini, il progetto della Destra nazionale, la Nuova Destra e il pensiero di Alain de Benoist, gli anni Novanta, An e l’era di Berlusconi, la nascita e l’ascesa di Fratelli d’Italia. Da quando Giorgia Meloni ha vinto le elezioni politiche con Fratelli d’Italia ed è poi divenuta presidente del consiglio sono fioriti libri e pubblicazioni sulla storia, passata e recente, della destra. Benché molti siano di parte – tra le eccezioni “Fratelli di Giorgia” di Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati (edizioni Il Mulino) – alcuni tentano di approfondire quello che rappresenta un fenomeno politico. Tra questi, fresco di pubblicazione, “Le tre età della Fiamma. La destra in Italia da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni” (Solferino). Si tratta di un libro intervista di Antonio Carioti, giornalista di lungo corso del «Corriere della Sera» che ha pubblicato volumi di politica e di storia, a uno che, come si dice in circostanze simili, la destra la conosce bene. Tarchi, infatti, politologo e professore emerito all’Università di Firenze dove insegna Comunicazione politica e Analisi e teoria politica, tra il 1968 e il 1981 è stato, spesso «ereticamente», parte di quel mondo. Studioso di Evola e Degrelle, fu infaticabile creatore di pubblicazioni e riviste che fecero epoca come «La voce della fogna» o «Diorama letterario». Inoltre organizzatore di avvenimenti come i Campi Hobbit, dove la destra giovanile, nel nome di Tolkien, provò a mettersi al centro del dibattito politico. A tale proposito, a cura dello stesso Tarchi, “La rivoluzione impossibile. Dai Campi Hobbit alla nuova Destra” (Firenze, Vallecchi, 2010).
Le tre età della Fiamma può essere definito il sequel di “Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo”. Anche questo un libro intervista firmato sempre dal politologo e dal giornalista. Tra i due volumi diversi furono i tentativi, a detta dello stesso Tarchi, da parte del suo interlocutore di riprendere in mano quel libro, aggiornarlo e integrarlo. Tentativi che si sono ora concretizzati dopo la formazione del governo Meloni che è erede di quella storia. Così trent’anni dopo ecco Tarchi rompere gli indugi e accettare la proposta riprendendo «il percorso interrotto» con la chiarezza e la sintesi che, se puntuali come in questo caso, spesso domanda e risposta riescono a fornire. Un libro che non vuole solo essere un racconto perché Tarchi, sempre stimolato dalle domande di Carioti che non si parla addosso ma preferisce fornire interessanti assist, scende nelle profondità di quel mondo che fu tutto meno che monolitico. Fornendo spunti e dando giudizi di merito su personaggi e strategie.
Quella che il lettore ha tra le mani è così una lunga e articolata analisi storica e politica che ha tre personaggi principali. Uno è Giorgio Almirante, per Tarchi «il più abile interprete di una politica del doppio linguaggio. Usava all’interno del Msi parole d’ordine sentimentalmente capaci di evocare la coesione del mondo missino e all’esterno invece si sforzava in tutti i modi di captare il consenso del pubblico moderato». Poi Gianfranco Fini, che ad Almirante successe alla guida del Msi che trasformò poi in Alleanza Nazionale, a cui Tarchi nel corso del libro non fa sconti descrivendolo alla stregua di un «giocatore di poker». «Il suo profilo – scrive – non è quello di un personaggio di grande spessore, capace di concepire progetti originali». Ha però «un grande senso dell’opportunità, riesce a cavalcare tutte le occasioni favorevoli». E, ovviamente, Giorgia Meloni, che «è riuscita dove chi la precedeva aveva fallito: prendere il sopravvento sugli alleati e assumere la guida della coalizione e del governo da essa espresso». Grazie anche al «distacco da ogni riferimento esplicito o velato al fascismo e l’aperto richiamo al conservatorismo». Dal capitolo Lei è Giorgia in avanti si snoda infatti la parte nuova del libro che ripercorre gli ultimi anni dell’avventura politica del premier, dalla fondazione di Fratelli d’Italia al successo elettorale che ha portato la destra a Palazzo Chigi. Stavolta non in un ruolo da comprimaria ma da protagonista.
La storia delle Tre fiamme prende le mosse dall’ormai lontano 26 dicembre 1946, quando dal motto di «non rinnegare, non restaurare» nasce il Movimento sociale italiano. Almirante, Fini e la Meloni, però, interagiscono e si rapportano con altre personalità perché la storia della destra ha avuto diversi esponenti dotati di carisma e, pur nelle differenze, di indubbie doti politiche come Pino e Adriano Romualdi e Pino Rauti, ma anche Giuseppe Tatarella e Domenico Fisichella. Inoltre, specie nella parte su An, a destra si sono mossi quelli che nel periodo di Fini venivano chiamati i «colonnelli», tra cui La Russa, Gasparri, Storace, Matteoli e Alemanno. Ma una parte importante e a tratti ingombrante la occupano anche Bettino Craxi, Francesco Cossiga e Silvio Berlusconi, quest’ultimo per Tarchi «più che uno sdoganatore e catalizzatore, un addomesticatore del neofascismo se non dell’intera area politica di destra». Tre figure da cui non si può prescindere per raccontare cos’è successo in quella parte politica, almeno negli ultimi trent’anni, e quali furono i protagonisti che la suggestionarono maggiormente. Tarchi, fedele a se stesso, nel corso del lungo racconto resta sempre tranchant e non fa prigionieri. A destra, dal momento che questo è il terreno che più conosce, ma neppure a sinistra. Citando Luca Ricolfi, tra i fustigatori di questa parte politica, ne mette in risalto lo scollamento dal popolo a causa della «convinzione di un’intrinseca superiorità morale» e della «spocchia intellettuale di non pochi dei suoi componenti e fiancheggiatori».
Dal neofascismo del Msi al postfascismo di An, per Tarchi Fratelli d’Italia è passato, checché ne continui a dire una certa propaganda di sinistra, come hanno colto ancora una volta Vassallo e Vignati, all’afascismo. È questa, secondo lo studioso, la grande novità della terza età della fiamma targata Giorgia Meloni. Cento anni dopo la marcia su Roma, una sorta di eutanasia è stata praticata sulle radici delle due fiamme precedenti, liquidando «l’equivoca lunga convivenza fra le due anime missine: quella law and order e quella fedele al sogno di una terza via». Incarnando così, senza concorrenti, la destra italiana.
Michele Ceparano (“La Gazzetta di Parma del 28 aprile 2024)