Trame, segreti, misteri e tanti tanti soldi. Dietro l’uccisione del giudice Falcone si intravede anche un filo rosso, che, nonostante le tante chiacchierate televisive di questi giorni, non è stato posto all’attenzione del pubblico.
Lo stesso ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli, in questi giorni frequente ospite dei salotti televisivi, non ne ha parlato, se non all’interno dell’intervista pubblicata oggi sul quotidiano “Il Riformista”, non proprio ‘il più letto dagli Italiani’ (ripreso anche dal “L’Huffington Post”).
L’anno prima della strage di Capaci, il procuratore generale della Federazione Russa, Valentin Stepankov, aveva iniziato una collaborazione con Falcone, mettendo sotto la lente d’ingrandimento il famigerato ‘oro di Mosca’: gli ingenti finanziamenti concessi (in rubli, dollari, ma anche oro) dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica (Pcus) al Partito Comunista Italiano (Pci) tra il 1960 e il 1990 (un valore stimato in oltre 500 milioni di dollari), ma anche il ruolo recitato dalla mafia russa e da quella italiana nell’enorme flusso di denaro. Nel febbraio 1992, il Procuratore russo venne a Roma e incontrò Falcone, che pochi giorni dopo la sua morte avrebbe dovuto ricambiare la visita.
In questo giorni, “Report” e “Il Fatto Quotidiano” hanno buttato il nome del ‘nero’ Stefano Delle Chiaie nella mischia dell’attentato di Capaci. Neanche una parola sul filo rosso, intarsiato di rubli, che da Mosca porta direttamente al Pci, attraverso conti segreti e uno spregiudicato utilizzo di aziende e cooperative vicine alla falce e al martello.