La campagna elettorale di Michela Murgia, candidata Governatore della Sardegna, ha cambiato strategia. La scrittrice si è immersa, con l’entusiasmo di una neofita, in un incubo dal quale rischia di risvegliarsi esclusivamente con il risultato elettorale. Il programma della sua #Sardegnapossibile c’è. Semplice, conciso quanto basta, basato su poche parole chiave, alcune delle quali – azzardo questa previsione – faranno parte di qualsiasi programma elettorale, in qualsiasi parte del mondo: trasparenza, lotta alla povertà, responsabilità, sostenibilità, autodeterminazione, coesione sociale. Nihil novi sub sole.
Ma dopo aver verificato che col programma non è riuscita ad attirare grande attenzione, senza porsi la domanda se fosse accaduto per disinteresse o per povertà di contenuti, ha deciso di affidarsi ad un bel pezzo di guru della comunicazione ed ha virato strategia. Basta contenuti, stop alle cose serie, meglio la strategia berlusconiana delle barzellette. Se così facendo ha vinto tante elezioni, perché non dovrebbe riuscire a me che sono anche scrittrice, si è domandata Michela. E così facendo ha inanellato alcune perle.
Durante il post alluvione si è fatta fotografare in posa a Terralba, mentre contrita, attrezzata di stivaletti da passeggio e scopa da salotto, aiutava in casa di amici. Avendo precedentemente messo all’asta il vestito indossato durante il premio Campiello per finanziare la campagna elettorale, gli ammiratori attendono trepidanti che il battitore comunichi da quanti euro si parte per acquistare i feticci della ‘Michela solidale’.
Poi, è arrivato il momento dei competitori. Il primo colpo lo ha riservato a sinistra. Memore della sua esperienza nel telemarketing, ha raccontato di aver ricevuto telefonate da presunti esponenti del Pd (che tuttora risultano anonimi: «Niente nomi – ha annunciato la candidata Murgia – non intendo rendermi strumento del regolamento delle contraddizioni interne al Pd») pronti ad offrirle mirabolanti accordi per il buon futuro della Sardegna, che ovviamente corrisponderebbe con la vittoria del centrosinistra. Era certamente una telefonata personale, ma Michela non dimentica mai di essere una scrittrice e resta fedele ai suoi titoli. “Il mondo deve sapere” e lei lo ha scritto su facebook. Comunque, dura e pura, ha risposto secca: «Mi dispiace, non è questa la nostra #Sardegnapossibile». Il telefono che ha ricevuto le chiamate andrà all’asta, si attendono numerosi i patiti della ‘Michela sdegnata’.
Quindi, è arrivato il turno del centrodestra. Michela è una di noi, va anche al bar, ma è più sfortunata di noi ed all’una di notte si è imbattuta in una ‘rozza’ tavolata pidiellina (o ex, che dir si voglia). Senza neppure fare l’alcol test (se andassero male le elezioni, un posto alla Polizia stradale non si potrebbe negarlo), ha prontamente intuito che fossero «gonfi di grappa». Tanto da averla sbeffeggiata con una battuta, risultata palesemente fasulla (“Noi facciamo il tifo per lei”) e da essersi divertiti per così poco. In attesa della prossima trovata del guru, anche il tavolo dove era seduto il «gruppo di uomini del Pdl sghignazzanti e alticci» finirà all’asta, preda degli adoratori della ‘Michela fustigatrice’.
Non sono in grado di ipotizzare se possa aspirare a battere Barracciu e Cappellacci nella sfida elettorale, ma almeno uno spazio in “Dopotutto non è brutto”, la trasmissione della conterranea Geppi Cucciari, è #Sardegnapossibile…