Da celebrazione della democrazia e della libertà, il 25 aprile è ridotto a giornata dell’odio contro Giorgia Meloni e il fascismo immaginario. I progressisti di una volta sono oggi rappresentati dai peggiori reazionari. I resistenti veri guardavano al futuro dell’Italia e per questo scrissero un testo costituzionale in cui, oltre a vietare la ricostituzione del partito fascista, prevedevano che i politici con un passato fascista potessero ritornare a ricoprire cariche pubbliche dopo 5 anni di “purgatorio”. I novelli resistenti, invece, investono solo sul passato, che più remoto non si può. E così dai Buozzi, i Calamandrei, i Dossetti e gli Anselmi siamo passati agli Scurati, i Montanari, i Raimo e i Salis, dai partigiani che rischiavano la vita per la libertà agli attuali fabbricanti professionali di odio. E la resistenza da valore politico retrocede a valore commerciale.
Antonio Scurati deve la sua fama di resistente a una pomposa ma storiograficamente scarsa trilogia su “M.” che sta per Mussolini. Si permette il lusso di sostituire la figura di Benito con quella di Giorgia e fare della storia una poltiglia di luoghi comuni e automatismi illogici. Lui, che di professione fa il docente di scrittura creativa, la storia la crea, la inventa, come si fa coi romanzi. E diventa per questo un leader acclamato dell’odierna sinistra, persino di quella culturale.
Montanari Tomaso – con una sola “m”, stavolta minuscola – è uno storico dell’arte che si atteggia a storico delle istituzioni e delle idee politiche, dispensando giudizi sulla guerra, negando le foibe, criticando il simbolo di FdI e non certo dalla prospettiva estetica. Egli fa politica sostenendo tesi di parte nelle vesti di rettore di una università statale (l’Università per stranieri di Siena), in cui tutti gli studenti, anche quelli di destra, pagano le tasse, e quindi anche il suo stipendio. Montanari, si badi, non attacca il presidente del consiglio per questioni legate alle politiche sull’università o la ricerca, ma solo perché è una donna di destra e “ha contatti con il mondo del fascismo”. È questo un fatto di una gravità inaudita sotto il profilo dell’etica professionale e del decoro istituzionale. Eppure è premiato in vari modi. Un passo di un suo libro, nel 2019, è addirittura uscito come traccia all’esame di maturità. Ma quando entrano nelle stanze dei bottoni dove sono chiamati a prendere decisioni politiche, i neoresistenti se la danno a gambe con le scuse più ridicole. Sì, perché resistenti lo sono sempre, anche alle responsabilità. Montanari stesso si dimise dal Consiglio superiore dei Beni Culturali in segno di protesta contro l’ex ministro Franceschini, accusato di aver nominato all’Archivio centrale dello Stato una persona sgradita.
Una cosa simile ha fatto anche Christian Raimo, altro docente e scrittore fieramente anti-italiano, come si definisce in una sua opera per Einaudi. Costui rifiutò la proposta di Virginia Raggi di far parte della giunta comunale di Roma Capitale, ma accettò il ruolo di assessore alla cultura del Municipio III, sempre di Roma, da cui si dimise, stanco di andare alla ricerca di giardini pubblici e cortili di case popolari da trasformare in “agorà”. Scambiò Roma del 2020 per Atene del V secolo a.C.! Fatto sta che oggi Raimo viene premiato con la candidatura alle europee dai sinistrorsi di Avs per aver preso posizione contro il “manganello didattico”, l’essersi battuto per la liberazione dell’ex terrorista rosso Cesare Battisti e aver definito Sergio Ramelli, il diciottenne militante del Fronte della Gioventù ucciso a Milano nel 1975, come “icona del peggiore neofascismo”. Prendersela con i morti innocenti della destra, poi, è diventato uno sport molto remunerativo. Valentina Mira, si guadagna un posto da finalista al premio Strega per aver “mirato” bene: un suo manifesto di odio ideologico contro la destra viene elevato a libro di valore da quanti i martiri di Acca Larenzia li hanno uccisi per la seconda volta.
Medaglia al valor culturale della Resistenza anche per Ilaria Salis, l’insegnante di una scuola elementare di Monza arrestata più di un anno fa in Ungheria con l’accusa, a quanto pare, di violenza e lesioni, nonché di appartenere a un’organizzazione avente come obiettivo quello di colpire a martellate presunti neonazisti. Salis è anch’essa candidata alle europee con Avs, mentre papà Roberto sale sul palco del 25 aprile in nome della resistenza.
Ma resistenza a che cosa? Non certo alla violenza politica, che è ormai, secondo le statistiche più recenti, quasi sempre di sinistra, in Italia e in tutto il mondo. Insomma, il nuovo antifascismo, a babbo morto, è un business consolidato. Le rotative devono girare e i clic e i like sono cose che si vendono. I quattrini arrivano in un modo o nell’altro, magari anche dallo stipendio da europarlamentare. E la politica? Quella può attendere, insieme alla decenza.
Spartaco Pupo
(dal “Secolo d’Italia” del 25 aprile 2024)