Sarà per l’alone da menagramo che, dai tempi di Tangentopoli, aleggia sul più alto scranno della Camera dei deputati, ma per Gianfranco Fini si prefigurano tempi duri. Per fare un rapido ripasso storico, ecco una serie di carriere stroncate nell’aula di Montecitorio.
Nel 1994 si registrò l’avvento della leghista Irene Pivetti, che dopo quell’avventura ha brillato più come ballerina ed opinionista che in politica; due anni dopo arrivò il magistrato Luciano Violante, che – pur di annusare l’ipotesi di candidarsi ‘super partes’ per il Quirinale – fu anche capace di ricordare il sacrificio dei ragazzi della Repubblica Sociale Italiana, ma arrivò appena a presiedere il gruppo parlamentare diesse prima di abbandonare la scena, in quanto non ricandidato ad aprile; nel 2001 e nel 2006 fu il turno di Pierferdinando Casini e di Fausto Bertinotti, le cui ambizioni politiche sono state recentemente frustrate dalla legge elettorale e dai voti conquistati.
Per un buon calcolatore come Fini, aver azzardato una classifica dei reati (“Gli scontri anti-israeliani di Torino egli attacchi di naziskin a Verona non sono paragonabili… Quel gruppo che si definisce neonazista va punito, ma quello che accade a Torino, dove frange della sinistra radicale danno vita ad azioni violente che cercano una giustificazione con una politica antisionista, è più grave” – Porta a porta/Rai1, 5 maggio 2008) appare come una voce dal sen fuggita colpevolmente nel comodo salotto vespiano, e non certo un maldestro tentativo di difesa dell’area di provenienza politica. Come da sinistra hanno strumentalmente provato ad argomentare i nostalgici del teorema antifascista. Per tutti, uno dei più dotti, il professor Piero Ignazi, autore di alcuni libri sulla destra politica: “Chi ha dei peccati di origine deve sempre mostrarsi più vergine degli altri”. (Europa, 7 maggio 2008)
Bensì, rappresenta un esasperato frutto dell’affannosa dedizione che da alcuni anni viene manifestata a qualsiasi costo dal ‘quasi ex’ presidente di Alleanza Nazionale. Una sorta di infinito debito contratto per ottenere legittimazione ed accreditamento, così da essere accettato nelle stanze del potere senza che alcuno possa ricordargli chi fosse e cosa dicesse, neanche troppi anni or sono. Una forzatura tanto maldestra che, nonostante le difese d’ufficio degli amici del Pdl, ha incassato anche la bocciatura dello schietto sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, pronto a prendere le distanze: “Sono due piani diversi e ben distinti. Là sono opinioni, qui c’è un ragazzo morto. Fini ha detto una boiata”. (Corriere della Sera, 7 maggio 2008)
Strano a dirsi, invece è stato promosso a pieni voti dall’ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir: “Non so abbastanza e non voglio fare riferimento ai fatti di Verona”, ma sulla vicenda di Torino “sono assolutamente d’accordo con Fini”. (Corriere della Sera, 6 maggio 2008)
Sulla triste ed ignominiosa vicenda veronese si sono già scritti fiumi di inchiostro, è perciò superfluo sprecarne altri per ripetersi. Quindi – oltre a sottolineare come i media stiano sguazzando senza ritegno utilizzando una terminologia che richiama subito alla mente una certa parte politica (ahinoi, quanti danni arreca ancora aver perso la ‘guerra delle parole’, spesso senza neppure aver cercato o saputo combatterla, vedasi anche alcune fasi goffe dell’ultima campagna elettorale de La Destra) – voglio offrire alla riflessione una lettura esente da strumentalizzazioni, lasciando la parola a Maurizio Blondet: “I massacratori di Verona, gli scolari di Viterbo che incendiano i capelli al compagno povero e campagnolo, lo riprendono col telefonino e diffondo l’impresa su internet, la dodicenne che paga il bullo di classe perché bastoni un’altra dodicenne rivale in amore, l’innamorato che accoltella l’ex fidanzata, le centinaia che a Torino hanno aggredito i vigili urbani per difendere uno di loro che veniva multato, sono il frutto di 40 anni di educazione scolastica sempre più facile e perciò più vacua e vuota – che infine ha rinunciato ad insegnare anche le semplici buone maniere – e di una pedagogia anti-repressiva che ridicolizza la disciplina ed ogni autorità.” (www.effedieffe.it, 6 maggio 2008)

 Faber

P.S. = In verità, se non avesse brillato in questa occasione, mi sarebbe piaciuto fare alcune considerazioni sull’elezione e sul discorso di insediamento del nuovo Presidente della Camera. Ma ci sarà tempo…

10 pensiero su “La maledizione di Montecitorio”
  1. Sono completamente d’accordo con quanto hai scritto. Mi permetto di aggiungere qualche nota tratta dal mio blog (http://blog.libero.it/Antonius) a proposito di ciò di cui non hai, invece, parlato: il discorso di Fini alla Camera.
    Perfetto. Tale è stato il primo discorso di Fini da presidente della Camera. Perfetto come una sfera, senza angoli, né spigoli. Carezze e desiderata si mescolano in un buonismo veltroniano inattaccabile se non per la totale assenza di realismo. La pacificazione nazionale, che Gianfranco afferma essere un obiettivo raggiunto, è lungi dal pervadere la coscienza degli Italiani. I conti non sono stati saldati e le ferite sono ancora lì, aperte, a sanguinare. Non si sono aperti, né chiusi processi. La Verità e la Giustizia non sono di questo Paese e l’odio continua a scorrere a fiumi nei mille vicoli del quotidiano. No, Fini : non essere ipocrita, non fare sciacallaggio sulle pulsioni, sulle passioni e sugli ideali degli Italiani. Esistono ancora quei valori che tu vorresti cancellati, così come quel Novecento da cui fuggi di continuo. La questione non è se chiudere un secolo ed aprirne un altro; le idee corrono al di là del Tempo e dello spazio. Esse non assecondano la tua gelida e viscida sete di Potere. Ieri intendevi mostrarti come l’uomo politico che dall’alto della sua lungimiranza si è calato nelle fogne, e per anni, con pazienza, ha trascinato alla luce del sole, uno per uno, gli uomini dell’altra metà d’Italia. Pensavi di farci credere che da vero uomo della Provvidenza (giammai !) sei riuscito a condurre in comunione tutto e tutti: persone, valori, visioni, idee. Proprio tu che raderesti al suolo qualsiasi sfumatura di colore non mescolabile, caratterizzante pur di soffocare tutto nel rosa shocking delle tue cravatte politically correct, che così tanto sanno di apparenza, strumento, artifizio. Bravo, ce l’hai fatta: sei giunto al vertice delle istituzioni. Chissà quali altri obiettivi ti sei posto e quanti cadaveri ci sono ancora da oltrepassare. Per adesso battiamo le mani, ma forse sarebbe meglio baciarle…

  2. Fini non è più il presidente di A.N., quindi stiamo parlando di un’ectoplasma, come dissero Matteoli e Larussa in quel famoso retroscena in un bar romano 3 anni fà, “dobbiamo chiederci chi è oggi, Gianfranco Fini” ! Nel P.D.L. si formerà una megacorrente di destra sociale, di cui faranno parte sicuramente Alemanno, De Angelis, Mantovano, Gramazio e tanti altri e forse addirittura Tremonti (ci rivediamo l’anno prossimo, vedrai che ci avrò azzeccato caro Faber) !
    Spero che aderirà anche Storace, perchè da solo non và da nessuna parte ! E’ ormai chiaro che personaggi come Ronchi e Fini spariranno dal panorama della destra italiana !

  3. Invece questo è un’altro tassello fissato nella storia dalla destra italiana, quella vera, quella che ha deciso di evolvere e di non restare incatenata nel passato, quella che ha deciso di rinunciare alle simbologie per dar spazio alla concretezza dei programmi, quella che dalla svolta di Fiuggi non ha smesso mai di progredire, quella che alla fine e’ stata premiata.
    La stessa destra accusata dai sinistromani sinistrati di essere fascista e che contemporaneamente è stata disprezzata dai nostalgici e dinosauri fascisti che alla fine sono scomparsi con il loro simboli.

    http://www.marcolattanzio.tk

  4. Concordo pienamente con te. Vorrei sottolineare che dire che Fini non è più presidente di an è una bufala. Il capo è sempre lui… già quando gli venne dato il ministero nel precedente governo Berlusconi si “dimise” dalla presidenza.
    Quindi, spero con tutto il cuore, che possa avere il successo che hanno avuto fino ad oggi i suoi predecessori in carica di Presidenti della Camera.

  5. scusa ma che c’entra la scuola con quei bastardi? La scuola è stata declassificata a livello di diplomificio, per volontà politiche.
    la moratti ha tentato addirittura il colpo di grazia! La scuola on è più capace di insegnare niente perchè della cultura e dell’educazione non se ne frega più niente nessuno.
    Cmq se dei farabutti ammazzano per futili motivi in un ambiente profondamente razzista e persecutorio nei confronti dei diversi non è strumentalizzazione dire che la destra condiziona certi comportamenti. Almeno “quella” destra a cui si fa riferimento, che certamente non invita ad essere moderati.
    Fini ha detto quella cosa perchè la pensava, tant’è che ancora non l’ha smentita. E’ un buon calcolatore? può essere, ma il fascista che è in lui riemerge ogni tanto a dispetto di qlsiasi autocontrollo.

  6. Dal 14 giugno con l’Assemblea regionale de La Destra parte la nostra sfida ai disvalori. Vogliamo dare il nostro contributo forte affinchè la sinistra stia per anni all’opposizione, speriamo anche quella regionale, ma nel contempo ritagliarci uno spazio di autonomia, distanza e distinzione dal Pdl. Noi siamo altro e Berlusconi lo sa. Prima o poi dovrà tenerne conto.
    Un saluto… romano, LADESTRASARDEGNA.IT

  7. Il vero problema non è che Fini ha scelto, come dici tu, di non restare incatenato al passato. Il problema vero, secondo me, è sul piano dei programmi. Laddove ad un’impostazione fortemente sociale (mutuo sociale, progetto H2o per l’acqua pubblica, riqualificazione della sanità pubblica, per es.) caratteristico della destra sociale si è preferito una sorta di “conservatorismo compassionevole” di stampo liberale. Ora Tremonti dice che anche le banche e i petrolieri devono fare sacrifici. E’ giustissimo. Però ricordo che è stata Daniela Santanchè a proporre, in campagna elettorale, di tassare l’1% dell’attivo di banche e assicurazioni. Con un introito pari a quello di due Finanziarie. Comunque, in conclusione, il problema è che oltre ai simboli si sono recise anche le idee, i valori e, soprattutto, i programmi. E questo non è accettabile.

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