Dal 2004, con l’istituzione della Giornata del Ricordo l’Italia ha finalmente avviato il processo riparatore nei confronti dei connazionali che, tra il 1943 e il ‘47, hanno vissuto la tragedia delle foibe prima e dell’Esodo poi.
Oltre 10.000 vittime, donne, uomini, vecchi e bambini barbaramente uccisi dalle truppe comuniste slave con la sola colpa di essere italiani e gettati, spesso vivi, nelle cavità dell’altopiano carsico. Tra questi anche tanti sardi. Alla memoria di uno di loro, il sottotenente Giovanni Mastinu di Tresnuraghes, quest’anno verrà consegnata una medaglia commemorativa del Presidente della Repubblica. Fu l’attuazione di un piano di pulizia etnica, il totale annientamento della cultura, dell’arte e della lingua italiana. Poi completata – dopo la cessione di Istria, Fiume e Dalmazia alla Jugoslavia – con l’esodo forzato di 350.000 italiani, obbligati a lasciare la propria terra e privati dei loro beni. Una tragedia nazionale compiuta in due tappe.
Eppure per decenni, sopratutto sulla pagina delle foibe, era calato l’oblio, la censura della storia scritta dai vincitori, che non hanno avuto alcuna pietà occultando, falsificando, mistificando la verità, finanche nei libri di testo scolastici. Sia per non creare imbarazzi alla Jugoslavia di Tito, sia per l’affinità ideologica di certi storici coi massacratori di allora.
Al cospetto di un crimine ascrivibile ai comunisti scattava pavlovianamente un bieco ‘negazionismo’, che interpretava l’omaggio alla memoria dei martiri delle foibe e degli esuli come uno spregiudicato uso della storia, irrispettoso nei confronti della Resistenza. Oggi, non potendo più nascondere, è nato il ‘giustificazionismo’: neanche una parola di condanna per i carnefici, ma una strenua e disperata ricerca di alibi e pretesti.
Il cammino per spezzare l’oblio calato su quegli avvenimenti è appena cominciato. E’ doveroso rompere il silenzio assordante che ha umiliato i sentimenti dei protagonisti di quei tragici eventi e rendere giustizia a tanti italiani, nei confronti dei quali l’Italia ha un debito morale mai saldato.
Per troppi anni, ad un popolo che in quegli anni aveva perso tutto – gli affetti più cari, la propria terra, i propri beni – hanno cercato di rubare anche la memoria. Il ricordo di quelle tragedie non può essere un fatto privato delle associazioni degli esuli o dei familiari, ma deve diventare patrimonio comune di tutta la Nazione e celebrarle deve diventare un dovere delle Istituzioni, affinché la Memoria, seppure non sarà mai condivisa, sia almeno ritrovata.
(“L’Unione Sarda” – 11 febbraio 2014)