La politica è tutt’altro che una “scienza” perfetta. Capita spesso che gli spostamenti non vadano per linee dritte. E non sempre la logica applicata collima coi risultati visibili. E quasi sempre le “cose” non vanno come dovrebbero andare.
Perchè questa premessa? Perchè questo è quanto accade abbastanza puntualmente con “La Destra” di Francesco Storace. Che resta, per noi, oggettivamente, un enigma politico. Il leader è indubbiamente un “personaggio”, un missino d’annata, un dirigente che ha svolto ruoli importanti. Ed attorno ha un “popolo” di entusiasti praticamente irriducibili, determinati, punteggiato anche da dirigenti “in gamba” che nessun altro partito rifiuterebbe. Persone intelligenti, capaci, perbene, spesso anche brillanti. E tuttavia “La Destra” scalda mille volte i motori e, va riconosciuto, “non decolla”.
La manifestazione di ieri, oggettivamente, non può essere oggetto di polemiche : è tecnicamente riuscita; il partito di Storace, ad onor del vero, è riuscito a portare in piazza anche migliaia di persone. Ma il punto è politico: ieri a Roma c’è stata la tanto conclamata riunificazione? La risposta, onestamente, è un no secco. La formazione della Meloni e di La Russa, forte della sua pattuglia elettorale, resta per fatti suoi e contromuoverà, anzi, a Roma con una sua proposta di rassemblement, il 17 Novembre.
Il leader della Fiamma Tricolore non ha aderito ma, in sostanza, ha detto “parliamone”… E “fuori” sono rimaste almeno due “sigle” diffuse a livello nazionale e che sarebbe ingiusto ignorare.
Va detto che Storace parla ancora apertamente di “destra”, mentre i “Fratelli”, anche per i “nomi” che stanno mettendo in campo (a partire da quello di Magdi Allam) affermano chiaramente che si considerano “centrodestra”, veri continuatori di An in chiave “evolutiva”, con la differenza tattica di una più netta chiusura alle sinistre rispetto al papà-PdL di cui si proporrebbe, un po’ atipicamente come potenziale alleato, ma anche concorrente rispetto al medesimo target moderato e conservatore. Per cui, teoricamente, a destra, Storace non avrebbe veri competitors.
Epperò capita puntualmente che “La Destra” data regolarmente in crescita ad ogni vigilia elettorale, torna fatalmente ad attestarsi tra lo 0,5 e lo 0,8. Percentuali, va detto, da… club. Il che “non quadra” con tutte le premesse politiche e di precedente “visibilità”. Televisioni, giornali, organizzazione, sale piene e poi …il ritorno, duro, alla realtà, alle posizioni di bassa classifica.
C’è un qualche, rilevante problema. Un busillis. Che va al di là del simbolo e del nome. A noi, in chiave politica e non-personalistica, ne è venuto in mente uno solo: il rapporto “tattico” con la questione (non secondaria) del Cavaliere e del suo partito personale come che si chiami o si chiamerà.
La Russa, la Meloni e Crosetto su questo sono stati chiari: loro pensano di nascere elettoralmente e politicamente come sussidiari e complementari al fronte dei moderati. E lo hanno affermato con grande chiarezza. Pensano di fare la mezza ala destra di quello schieramento. Storace su questo non è troppo esplicito. Non lo dice ma non lo nega. Sta un po’ in mezzo al guado.
Vorrebbe recuperare il popolo di destra, ma parte da un partito che resta piccolo e che dunque deve porsi il problema dell’apparentamento, nel nome di quel famoso e tragico sbarramento al 4%…
E tuttavia su tutti grava, incombe il ricordo di una An, pur al 12%, risucchiata, mangiata e digerita (anche culturalmente ed antropologicamente) dal più forte e ricco partito di Berlusconi.
Un nodo stretto insomma tra idee e “regole del gioco” impietose. UN nodo che, tuttavia, va sciolto perchè va riconosciuto come “l’elemento bloccante” di tutta la politica italiana.
Guido Virzì
(da “Occidente 2.1” – 10 novembre 2013)