Questa volta l’avete fatta sporca, amici e nemici della sinistra nostrana. Sui giornali di sinistra insistono da giorni a dare una connotazione politica alla strage compiuta dal mostro di Oslo. Ieri su la Repubblica, Michele Serra si è accodato a definirlo un delitto politico compiuto da «uno schifoso fanatico di destra », paragonandolo a Hitler e sostenendo che la pazzia di ambedue non cancella la matrice politica di entrambi. E sempre su la Repubblica Francesco Merlo ha definito Breivik la versione degenerata di Oriana Fallaci e dei giornali italiani di centrodestra, pur concludendo che si tratta di un colossale cretino. Non sono un fan della Fallaci e non ho fobie antislamiche e pulsioni nordico-occidentaliste, ma questo paragone che circola sottotraccia sulla stampa di sinistra e a volte affiora in superficie, mi pare davvero carognesco. Non ho mai pensato di giudicare, che so, il terrorista Cesare Battisti, la versione estrema di Bersani, Vendola, la Repubblica o di chi volete voi. E parliamo di un terrorista politico, mica di un paranoico come Breivik. Cosa differenzia un terrorista politico da un mostro malato di paranoia? Il fatto che il primo compie il suo atto nell’ambito di un gruppo e con il consenso di un’area da cui il gruppo attinge le sue leve, colpendo obbiettivi mirati e condivisi. Il secondo invece compie il suo gesto nella solitudine della sua mente malata, spesso colpendo obbiettivi che sono la proiezione della sua paranoia.
Mi pare una differenza elementare e abissale. I brigatisti rossi, per esempio, compivano i loro delitti in gruppo, con un collettivo, una pianificazione e una struttura piramidale, riscuotevano un certo consenso in alcune aree estreme della sinistra e reclutavano le loro cellule ai margini del sindacato, dell’università, dei movimenti estremisti di sinistra. Così i fanatici islamici. Se un uomo fa strage dei suoi vicini perché hanno offeso la sua famiglia, non possiamo desumere dal suo atto feroce che l’amore per la famiglia produce questi frutti estremi. Non è l’idea di famiglia che spinge alla strage di chi l’ha offesa, ma la follia di una mente bacata che trasforma un valore positivo, l’amore per i suoi cari, in un crimine orrendo. Lo stesso vale per la civiltà cristiana, per la tradizione europea.
Dovrebbe essere una verità solare, ma il senso della realtà ormai è una rarità filatelica. Il marchio politico su Breivik non nasce solo dalla faziosità e dalla criminalizzazione assoluta del nemico politico. Nasce da un vizio originario, assai diffuso a sinistra: giudicare gli atti sulla base delle idee professate. Sono le idee che decidono se sei un criminale o un combattente politico, non gli atti e gli effetti. Tra chi sogna una società pura nel suo cristianesimo o anche nel suo comunismo, ed uno che nel nome del cristianesimo o del comunismo fa strage di impuri, corre l’abisso. Il primo può essere un utopista, il secondo è un criminale; non c’è relazione tra i due, se non nell’immaginazione. Quel che conta è l’atto compiuto, la realtà dell’effetto, e non l’intenzione ideale che lo ha mosso. Invece, giudicando gli atti sulla base delle idee professate, accade, per esempio, che gli orrori del comunismo vengano attribuiti alle persone o alle circostanze storiche, così viene salvata l’incontaminata purezza del comunismo. Mentre gli orrori compiuti dall’estremismo cristiano-occidentale, dal nazionalismo e dal nazismo, sono orrori cristiani, nazionalisti, nazisti….
Il criminale coincide perfettamente con l’idea professata. Nel caso del comunismo invece la tradisce. Eppure non si conoscono comunismi ben riusciti. Se ogni applicazione storica di un’idea produce disastri, allora il difetto sta nel manico. Invece, gli orrori compiuti nel nome del comunismo vengono classificati alla voce brigatismo, stalinismo, regime sovietico, mai citando il comunismo. E gli orrori compiuti nel nome del nazismo o d’altro, vengono classificati come crimini nazisti.
Perché al primo si attribuisce il beneficio delle buone intenzioni, e così viene salvata l’immacolata purezza dell’Idea dalle sue degenerazioni. Agli altri invece, non solo ai nazisti, il crimine viene attribuito direttamente alla malignità delle idee professate; anche quel che appartiene alla patologia di individui isolati. Se il mostro di Oslo avesse ucciso nel nome dell’uguaglianza e del comunismo sarebbe per questo «meno schifoso»? Se rispondete di no, ammettete che non è il movente ma è lo sterminio a determinare l’orrore. Se rispondete di sì, fate leggermente schifo anche voi.
Marcello Veneziani
(da “Il Giornale” – 27 luglio 2011)