Chiara Colosimo pensava di averla fatta franca. Appena eletta neo-capogruppo Pdl nel Consiglio regionale del Lazio, brindando col Sangiovese di Predappio, si era affrettata a far sparire dalla sua stanza busti, bandiere e libri equivoci, nonché i dischi di Lucio Battisti (sospettato di simpatie missine) ed i quadri futuristi, spingendosi addirittura a non salutare più con la mano destra.
Tutto inutile, le solerti ‘guardie rosse’, degne del defunto Kgb ed in perfetta linea storica con Togliatti che denunciava a Mosca i comunisti italiani trotzkisti, hanno scovato nei loro ricchi archivi sui nemici un’immagine della Colosimo, dove alle sue spalle campeggia un manifesto con Codreanu, fondatore e capo, negli anni Trenta, del movimento nazionalista rumeno Guardia di ferro, nel 1938 incarcerato per ordine del Re ed ucciso in carcere.
Ora, i suoi avvocati stanno predisponendo la tesi difensiva da sottoporre al Tribunale del popolo, ma sono incerti sulla versione: sarà più credibile sostenere che si tratta di Che Guevara in uno dei suoi più riusciti travestimenti oppure, secondo un andazzo inaugurato dai furbetti della politica italiana, che il manifesto si trovava lì a sua insaputa?…