Non sono un fine ed apprezzato politologo, ma voglio cimentarmi in un’analisi semi-seria dei risultati delle elezioni europee. E comincio con la parte ‘semi’.
L’apporto della strategia della ‘doppia tessera’ ai risultati di Forza Italia appare decisamente sotto lo 0,6% raggiunto alle ultime politiche. Nonostante l’entusiasmo istrionico di Storace lo porti a vantarsi di aver contribuito ad eleggere Fitto, Toti, Tajani, notoriamente ‘camerati di vecchia fede’. Riferendomi al capo indiscusso (tutti i dissidenti sono stati cacciati o se ne sono andati…) de La Destra avevo evocato un dopo elezioni all’insegna del programma televisivo “Chi l’ha visto?”. La Sciarelli si prepari…
Su un altro fronte, è risultato mortifero l’abbraccio del capriolatore Gianfry a Scelta Europea: appena 0,71%. Per Fini sarà l’occasione buona per capire che il suo futuro è ai giardinetti di Arcore, dove potrà provare nuovamente a farsi cacciare… dalle panchine. Un’edizione aggiornata di “Nonno Libero”, da impegni politici…
Più seriamente, sul ‘fronte destro’ mi rammarica l’insuccesso di Fratelli d’Italia, perchè è inutile nascondere che l’obiettivo minimo fosse il superamento del quorum e l’elezione di qualche eurodeputato. Seppure, il risultato negativo sia parzialmente mitigato dalla crescita organizzativa ed elettorale in tanti territori. Sono convinto che abbiano frenato l’eredità di un ventennio di moderatismo innaturale appiattito sul berlusconismo, il ritardo sospetto nell’uscita dal Pdl e la tardiva adesione, inizialmente anche troppo morbida, alla battaglia contro i signorotti dell’Unione europea. E, melius abundare, anche quell’orribile sottotitolo scelto in avvio, “centrodestra nazionale”, ed alcune facce troppo note esposte in campagna elettorale.
Cio detto, utilizzando la metà piena del bicchiere (comunque ricca di oltre un milione di voti), si può sperare che il risultato possa contribuire a ripensare il Progetto per dare maggiore speranza a chi ci ha creduto e ci crede ancora. Parlando di Progetto non intendo riferirmi semplicisticamente a FdI (intorno al quale si sono stratificate antipatie e rivalità che vanno necessariamente superate), ma alla creazione di un punto di riferimento valido per la gran parte di quella comunità politico-culturale che arriva da lontano e che si sta sforzando di rinvigorire le radici, certamente non ancora gelate.
Nelle liste di partiti (leggasi Ncd e Forza Italia) non assimilabili ad un Progetto identitario nazionale sociale erano presenti alcuni esponenti di provenienza certa. Nessuna follia sarebbe tale da giustifcare il recupero dei ‘trombati” e/o di coloro che si sono pesantemente esposti in prima persona (leggasi Scopelliti, Angelilli, Storace, aggiungetene altri ad abundantiam…), ma i tanti che li hanno seguiti elettoralmente potrebbero ritrovare la retta via. E con loro i tanti astenuti ed i folgorati sulla via di Grillo. Ancor più nel versante Lega, dove, sopratutto nel centrosud, sono confluiti candidati e voti ‘destri’. In questo caso, però, il discorso è ben diverso perchè i contenuti della Lega sono in larga parte condivisi. Tra Salvini (l’unico cge può esultare nel ‘fronte centrodestro’) e Giorgia Meloni è già partito un cinguettio di amorosi sensi e mi sembra utile segnalare che buona parte degli eletti leghisti alle Europee ha un percorso che li assimila a destra più del loro elettorato.
Al momento è difficile capire quale sia il futuro da auspicare. Forse un Fronte Nazionale (Marine ti regalammo la fiamma, tu ci omaggi il brand?), che possa raccogliere anche altre forze. Per esempio, chi in campagna elettorale ha già collaborato con la Lega, leggasi Casa Pound. Ma i leghisti sono pronti a superare definitivamente la visione padana? Oppure, si tratta solo di una strategia furbetta del Matteo nordista per l’acquisizione di consenso pro domo sua?
Se saranno esclusivamente battaglie comuni (eventualità seconda, ma non secondaria), si riapra immeditamente con forza, decisione e consapevolezza il discorso del Partito della Nazione, su basi finalmente serie e con tante facce nuove, giovani e non.
Infine, mi rivolgo ai tanti pensatori (se li chiamo intellettuali si offendono) dell’area culturale di riferimento, che in campagna elettorale si sono divisi qua e là oppure hanno semplicemente osservato e criticato con distacco, inviando loro un messaggio più forte ed urgente del solito: non è più tempo di lezioni, ma di azioni…