Lottavano per il comunismo, protetti dai ‘salotti buoni’ affollati da intellettuali di ogni specie, giornalisti, attori, professori, avvocati e varia umanità. Sono gli antenati degli antifascisti odierni (anacronistici e con la memoria corta) e per lottare contro il fascismo gridavano “le sedi dei fascisti si chiudono col fuoco, però con loro dentro, sennò è troppo poco” e “uccidere un fascista non è reato”.
Nella notte tra il 15 e il 16 aprile 1973, dando fuoco al loro appartamento, nel quartiere di Primavalle a Roma, bruciarono vivi Virgilio e Stefano Mattei (22 e 8 anni), figli di Mario, segretario della sezione di quartiere del Movimento Sociale Italiano.
Un manipolo di assassini che non ha mai pagato per uno tra i più efferati e vigliacchi omicidi politici degli Anni Settanta. Tre condanne a 18 anni di carcere per tre ‘ragazzi di buona famiglia’, militanti di Potere Operaio (Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo), ma neanche un giorno in galera grazie alla ‘fuga dorata e protetta’ di questi assassini.
Insospettabili ambienti culturali ‘sinistri’ diedero vita ad un’intensa campagna in loro difesa. Alcuni esempi: l’editore Savelli pubblicò un volume (“Primavalle. Incendio a porte chiuse”) che suggeriva la pista della faida interna; Jacopo Fo si dilettò a disegnare un fumetto con la stessa tesi; Franca Rame scrisse ad Achille Lollo (28 aprile 1973): “ Ti ho inserito nel Soccorso rosso militante. Riceverai denaro dai compagni, e lettere, così ti sentirai meno solo”.