La destra in Italia non è sparita perché ha fatto troppo la destra; non è caduta su progetti, imprese, idee connotate con i propri colori. È morta d’anemia, si è spenta perché si è resa neutra e incolore, perché si è uniformata per confondersi; perché non ha inciso, non ha lasciato segni distintivi del suo passaggio.
Non è morta d’identità ma di nientità, non è morta di estremismo ma di mediocrità. Non è morta di saluti romani ma d’imitazioni maldestre. La sua scomparsa non lascia tracce di sé. Nessuna delle critiche di gestione mosse alla destra si può attribuire alla sua storia, alla sua indole e ai suoi valori; anche gli aspetti peggiori, come quelli che hanno preso il nome e il faccione simbolico di Fiorito, non nascono dalla sua storia. Erano modi di adeguarsi all’andazzo, tentativi di mostrare che erano uomini di mondo, sapevano stare al potere e in società, sanno come si usa, non sono mica fessi.
A volte si sono adeguati alla caricatura del berlusconismo, uniformandosi al suo lato peggiore. A volte hanno cercato di compiacere la sinistra, i poteri che contano, i media ostili. Senza peraltro riuscirci. Hanno avuto paura di spingersi troppo, di osare. Temevano di perdere il posto, ma l’hanno perso lo stesso, perdipiù senza gloria e senza la gratitudine dei loro elettori di sempre.
Prendete il caso di Alemanno a Roma. Non è caduto sul fascio ma sulla neve. Non gli hanno rimproverato i vigili col manganello, semmai le cartelle di Equitalia e le solite accuse di sempre: il traffico, la sporcizia, le buche. Non gli hanno rinfacciato di voler rilanciare la romanità e i littoriali della cultura ma gli abusi nelle società controllate e alcune nomine aumm aumm. Promettendo con le casse vuote ben 25 milioni di euro per fare il museo della Shoah a Villa Torlonia – quando esistono già a Roma il museo di via Tasso e delle Fosse Ardeatine, che riguardano direttamente la città – ha irritato la sua gente senza guadagnarsi il consenso altrui; anzi hanno esultato per la cacciata del «fascista» dal Campidoglio; proprio mentre i fascisti, sconsiderati, esultavano per la cacciata del traditore… Certo, hanno attribuito ad Alemanno i mali storici di Roma, gli acciacchi di ogni metropoli e i malesseri del presente, che non ha creato certo lui o la destra. Lo hanno massacrato mediaticamente. Non sarebbe bello ora fare processi, dimenticando le difficoltà gigantesche di un momento nazionale drammatico e di un Comune lasciato dalla sinistra pieno di debiti. A onor del vero, se si fosse votato a Milano o a Napoli, anche i sindaci di sinistra sarebbero stati bocciati perché il clima è anti-potere. E poi, con quell’elettorato votante così ristretto, la democrazia è falsata: la motivazione che spinge a votare contro era più forte di quella d’andare a votare a favore.
Ma il problema della destra sparita resta, la delusione del suo elettorato è sacrosanta. Dicendo che la destra non ha pagato per la sua identità, non intendevo sostenere l’inverso, cioè che se fosse stata coerente e cazzuta avrebbe vinto alla grande. Forse avrebbe perso con maggior dignità, avrebbe un punto da cui ripartire, avrebbe almeno la fiducia dei suoi cari. Ma con le identità non si governano gli Stati; si fanno partiti di nicchia o al più larghi movimenti d’opposizione come è il caso di Marine Le Pen, ma non si va al governo. Però a questo punto mi chiedo: ma ha senso andarci se poi si va via in modo disonorevole senza lasciar traccia di sé né un buon ricordo tra la tua gente?
Non sto parlando di Alemanno, questo è un bilancio di vent’anni di destra al governo. Non mi va tornare ancora sulla loro inadeguatezza, ma si sa che quello è il problema numero uno.
Dovrebbe rinnovarsi, la destra, riaccorparsi, ripartire da quel che ha di risorse, giovanili, collaterali e patrimoniali. Azzerare, selezionare, riunire, rilanciare. (A proposito, avete visto il prototipo della donna tra 100mila anni diffuso ieri dai media? Occhi grandi e sporgenti, fronte spaziosa, corporatura minuta – impressionate, è identico a Giorgia Meloni. Si è portata avanti nella specie, sarà lei la donna del futuro?).
Qualcuno però obietterà: ma serve ancora una destra o qualcosa che ne continui il ruolo, con altro nome? E serve una destra a parte, con un suo distinto movimento? Io penso di sì, penso che serva un movimento con un corpo aerodinamico e un’anima tradizionale; penso che serva a chi la pensa così, ma anche ai suoi alleati, soprattutto se in futuro non ci sarà un leader che avrà la forza di sintetizzare, senza polverizzare, le varie componenti del centrodestra.
Intanto chi viene da destra abbia il coraggio di fare un bilancio impietoso di questi anni. È stata al potere ma cosa ha lasciato per la destra, per le città, per l’Italia? Un pugno di mosche più qualche zanzara. Riparta da zero, con volti nuovi, teste capaci e cuori intrepidi. Se ci sono.
Marcello Veneziani
(da “Il Giornale” – 12 giugno 2013)