“Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini.
Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico,
diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura
a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno,
che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo,
dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso.
Guardare certi morti è umiliante. Non sono più faccenda altrui;
non ci si sente capitati sul posto per caso…”
Cesare Pavese, “La casa in collina”
Ritorna lo storico Antonio Serena (“La strage di Oderzo e gli eccidi partigiani nel Basso Trevigiano”, Manzoni editore, Treviso), autore di numerosi successi editoriali, con lo stile incisivo e incalzante che lo contraddistingue, e ancora ci trasporta indietro nel tempo, quando migliaia di «fratelli» si trovarono a lottare su fronti avversi, con gli animi divisi da opposte passioni e ideologie. Serena cattura la nostra attenzione ricostruendo quelle vicende, specialmente quando descrive ciò che accadde alla fine del conflitto, quando la barbarie raggiunse il suo acme e taluni «fratelli» divennero biechi esecutori di gratuite mattanze. Le vicende proposte, rivisitate in quest’ultimo lavoro dell’autore, con l’aggiunta di inediti, sono narrate con dovizia di particolari e si snodano con un’impostazione obiettiva, che amalgama un vissuto drammatico alla naturale partecipazione del lettore, in una cornice che ha il ritmo avvincente di un romanzo convulso che afferra il lettore ed equilibra, in una magistrale sintesi, raziocinio e sentimento. Uno strappo deciso e risoluto squarcia un sudario artefatto che ha adombrato quasi settant’anni di indifferenza e voluto negazionismo, rendendo spoglia la storiografia e orfani d’informazione i nostri figli. Nell’ordito delle microstorie di cui è intessuto il testo si accavallano protagonisti e personaggi secondari, corali ma mai irrilevanti. Tra i tanti, svettano le figure ancora acerbe dei non più giovani militi dei battaglioni «Bologna» e «Romagna» della GNR e dei ragazzi della Scuola allievi ufficiali di Oderzo della RSI, conosciuti e benvoluti in quella città, i quali, nonostante abbiano deposto le armi in seguito alla promessa di aver salva la vita, il 30 aprile 1945 vengono prelevati dal collegio «Brandolini», dove erano stati dislocati, e uccisi a scaglioni, dopo aver subito atroci torture, sul fiume Monticano e al Ponte della Priula. Nel compimento del massacro parole sinistre accompagnano l’agonia di tanti giovani innocenti da parte di carnefici che hanno un volto e un nome, e i cui crimini non possono trovare alcuna giustificazione. Le testimonianze, pur in un clima fosco e cupo, sono particolarmente coinvolgenti, traboccano come un fiume in piena e ci offrono un valido aiuto per ristabilire la verità su crimini efferati e stragi perpetrati nei confronti del nemico vinto. Sotto l’incalzare di racconti precisi e circostanziati cadono, uno dopo l’altro, i ferri di una museruola ideologica che ha imprigionato troppo a lungo la verità: il nostro Veneto si ammanta ancora di rosso, ma le vittime si riappropriano finalmente della loro voce. Antonio Serena, pioniere di queste tematiche che inaugurano il filone del revisionismo storico (emblematico il suo capolavoro “I giorni di Caino”, pubblicato nel 1990), con la sua integra onestà intellettuale e la sua profonda esigenza etica ha avvertito presto, fin dagli anni Ottanta del XX secolo, il rumore assordante di quel silenzio imposto dalla vulgata di parte e, con il suo intransigente desiderio di ottenere delle risposte e di affermare la verità, ha condotto per anni, con impegno costante e rigoroso, ricerche serrate, che gli hanno permesso di fornire una preziosa e inconfutabile documentazione a chi voglia accostarsi a quel drammatico passato con animo sgombro da pregiudizi di parte. Serena, dunque, disintegra l’immagine posticcia di una memoria addomesticata e consolidata da un conformismo a volte omertoso, aiutandoci ad andare oltre le versioni di comodo, poiché l’analisi storica implica l’assunzione di responsabilità e reca un intrinseco messaggio: puntare in alto, verso una verità che non ha colori ideologici né bandiere da difendere, tranne quella della verità stessa.
Cecilia Talamini
“La strage di Oderzo”, l’ultimo capolavoro di Antonio Serena è andato esaurito in libreria dopo una sola settimana ed è in ristampa. L’ispiratore dei libri di Pansa e Vespa continua ad aprire varchi enormi e documentatissimi sui silenzi voluti dal regime sulle stragi antifasciste. Basteranno le leggi contro il libero pensiero a fermare un vento revisionista che pare inarrestabile?
Giudizio sul libro: 10/10
Paola Lazzarini
E’ un libro documentatissimo, come tutti i libri si Serena. La resistenza, il suo mito, è messa a nudo e ne esce un quadro desolante di partigiani combattenti-guerriglieri-rapinatori dediti nella stragrande maggiornza a far vincere l’ideologia comunista in vista dei futuri assetti politici e l’interesse di pochi avventurieri alla ricerca di sistemazioni di comodo mai raggiunte nella loro vita precedente.
Giudizio: 9/10.
Luciano Mondin
Bravo Serena! continua nella tua silenziosa modestia in questa encomiabile ricerca storica ala quale poi attingono i vari Pansa Vespa e mercanti vari.
E adesso prendiamo a calci i portoni blindati dell’istituto dela resistenza di Belluno, foraggiato con soldi pubblici e ai cui documenti nessuno puo’ accedere che non sia qualificato a sinistra.
(PS/ Ma Renzi lo fate accedere? Bella domanda….)
Annapaola Manzini